The girl with the dragon tattoo: pseudo recensione

Questa maglia. La voglio.
Non so bene come si rediga una recensione cinematografica, né tantomeno mi ritengo capace e acculturata a dovere tanto da poterne scrivere una. Inoltre sono preda di microcrisi esistenziali dopo il post della Snob e quindi mi limiterò a considerazioni da cialtrona riguardo a questa pellicola, anche se su FB mi sono data alla fighetteria ostentando un certo spessore di critica cinematografica.
Premetto di aver visto la trilogia svedese, i film “originali”, per intenderci. E mi sono piaciuti tutti e tre, sopratutto il terzo. Non li avevo seguiti con grande concentrazione e qualche parte della storia me l’ero persa, ma comunque il senso lo avevo inteso (e anche di più). Ho visto la versione ameriGana con uno scetticismo di partenza notevole, che effettivamente non è poi stato granché smentito.
Brava Roo(etc)ney Mara, ma a mio avviso troppo umana, volendo pure meno stronza della somma Noomi Rapace (ma l’avranno fatto apposta a scegliere una che si chiama Rooney Mara? Che volessero oscurare la Noomi? Mah), con quelle sopracciglia albine e quel tatuaggio del drago buttato lì su una spalla. Però è brava, cavoli se è brava. Ma non è Lisbeth Salander nemmeno lontanamente, anche se il mio metro di giudizio è la performance della Rapace perché i libri non li ho letti e non so se mai li leggerò. Daniel Craig è un figo come sempre, ma qui è molto bravo ad interpretare il tipo un po’ coglione che si improvvisa investigatore e finisce nei guai, ci fa dimenticare James Bond per due ore e 40(!).
A tal proposito, argomento durata: non scherziamo, due ore e trentotto minuti sono tanti, troppi, anche per un best-seller letterario. Che affronto, mica state girando “Ben Hur la vendetta”, abbiate pietà anche della vescica dei fruitori [Hitchock docet. I suoi film non duravano mai più di quanto la vescica di uno spettatore potesse resistere] e tagliate qualcosina. La scena della violenza nr. 2, ad esempio, che risulta odiosa oltre che sacrificabile; la scena del gatto maciullato che non si capisce che valore aggiunto fornisca a tutto il film. Probabilmente Fincher si è sentito nostalgico del suo Seven e ha ben pensato di infilarne qualche ricordo  nel lungometraggio larssoniano, bah.
Due scene sacrificabili, quindi, ma tutto sommato il film si guarda, è “godibile” come dicono quelli che ne capiscono, nonostante sia arricchito da molti luoghi comuni del cinema di genere e sia una copia carbone della versione svedese.
Aggiungo la nota su Robin Wright che in questo film sembra un cane bastonato: ma truccarla un po’ di più no?
Altra noticina su Stellan Skarsgard: è il padre di quel figaccione estremo di Alexander Skarsgard, non so se mi spiego e Wikipedia ci tiene ad informarci che è alto 1.91. Rispetto all’attore che interpretava Martin nel film originale, lui è davvero molto più capace e rende il personaggio con una inquietante freddezza.
Guardate questo film, ma in lingua, sono certa che in italiano non si possa sentire.

3 Comments

  1. La parte dei titoli di testa è stupenda, poteva durare pure 2:40 e avrei apprezzato più quella del film vero e proprio (bastavano i Led Zeppelin, coverizzati o meno).

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